Olivicoltura in Emilia-Romagna
La struttura del mercato dell’olio extra vergine prodotto in Emilia-Romagna è costituita da circa 3.500 aziende con una produzione media per singola azienda che, negli ultimi 20 anni, ha raggiunto punte massime di 250/300 kg di olio solo nelle annate di carica produttiva. La produzione aziendale viene in parte destinata all’auto-consumo familiare (40-50%) e in parte immessa sul mercato direttamente dalle singole aziende o attraverso alcune strutture cooperative presenti sul territorio.
Queste strutture svolgono già una prima e importante azione di concentrazione e valorizzazione della produzione oleicola locale nelle tre province interessate dalla coltura in Regione e saranno chiamate a svolgere in futuro un ruolo sempre più importante nell’organizzazione della commercializzazione dell’olio extra vergine di oliva prodotto sul territorio.
Il mercato dell’olio extra vergine di oliva di produzione locale per crescere e consolidarsi, richiede, quindi, lo sviluppo e il consolidamento di forme di aggregazione fra i produttori e la disponibilità di sufficienti quantitativi di olio di elevata e uniforme qualità. Solo con questi presupposti si può sperare di avviare una razionale ed efficace strategia commerciale.
Un ulteriore elemento di stimolo per la crescita del settore olivicolo regionale è rappresentato dallo sviluppo delle produzioni realizzate nel rispetto dei disciplinari di produzione a Denominazione d’Origine Protetta.
L’affermazione commerciale delle Denominazioni d’Origine dipende, sia dalla capacità dei produttori di realizzare un olio extra vergine di oliva che sia in linea con i disciplinari di produzione, sia dalla effettiva disponibilità di prodotto sul territorio. La coltivazione dell’olivo sul territorio regionale ha anche una sua importante valenza sociale e occupazionale per le aziende interessate alla coltura, poiché richiede impiego di manodopera soprattutto in fase di raccolta, nel mese di novembre, quando non vi sono altre colture che la richiedono.
L’importanza sociale ed economica della coltura in Regione può essere, quindi, ricondotta a tre aspetti fondamentali:
a) Integrazione del reddito agricolo: la coltura, se resa economicamente interessante, può rappresentare in questo caso una buona fonte di reddito e di diversificazione colturale, poiché le tecniche e i tempi di coltivazione sono generalmente compatibili con l’organizzazione e la gestione aziendale complessiva.
La contrazione dei redditi ricavabili dalle colture estensive tradizionali e la progressiva riduzione della presenza della vite per fattori di natura sociale, economica e fito-sanitaria, hanno determinato una crescente importanza della coltura dell’olivo sul territorio regionale negli ultimi anni.
b) Integrazione al reddito non agricolo: la coltivazione dell’olivo talvolta viene realizzata con l’aspettativa di un guadagno che vada ad integrare un reddito extra agricolo (pensionati, attività commerciali e artigianali, lavoro dipendente ecc...). Sul territorio romagnolo questo aspetto acquista grande rilievo, poiché ci troviamo in presenza di una spiccata stagionalità del lavoro legata al flusso turistico della vicina riviera adriatica.
La coltivazione dell’olivo impegna le persone e fornisce un reddito nel periodo autunno-invernale nel quale le altre attività lavorative locali sono più rallentate.
Le considerazioni suddette valgono sia per le operazioni colturali, sia per le attività dei frantoi che hanno il loro massimo di attività nei mesi di novembre-dicembre e la riducono sensibilmente nei rimanenti mesi, dedicati alla manutenzione degli impianti e alla vendita dell’olio da loro prodotto.
c) Valenza ambientale e paesaggistica: la capacità della coltura dell’olivo di incidere sulle dinamiche dello sviluppo turistico della riviera adriatica è di difficile quantificazione, ma è certo che la presenza dell’olivo in queste zone svolge un forte ruolo di richiamo turistico.
L’olivo è in effetti una componente importante e insostituibile del paesaggio e la sua presenza completa e arricchisce le immagini suggestive di pievi, rocche e castelli che rappresentano un elemento di prestigio del paesaggio emiliano-romagnolo.
La vendita dell’olio, per antica consuetudine, si effettuava un tempo ancora prevalentemente allo stato sfuso presso il frantoio ove avveniva la molitura delle olive. Tuttavia questa tipologia di vendita sta progressivamente scomparendo negli anni per lasciare spazio alla vendita di olio confezionato, effettuata dalle singole aziende o da strutture Cooperative che ricevono in conferimento le olive dei soci e provvedono alla commercializzazione in proprio dell’olio ottenuto.
L’avvio di questa nuova fase di mercato dell’olio d’oliva prodotto in regione Emilia-Romagna, unitamente alla presenza di marchi aziendali e Denominazioni di Origine, richiedono azioni mirate al mantenimento del settore olivicolo in Regione.
Il migliore sostegno allo sviluppo del settore, in queste condizioni, è rappresentato da una serie di interventi congiunti, a carattere divulgativo e dimostrativo, rivolti, da un lato, alla dimostrazione di tecniche alternative all’impiego dei prodotti chimici nella difesa dai parassiti dell’olivo e al miglioramento delle condizioni di coltivazione e dei livelli di qualità dell’olio prodotto e dall’altro alla diffusione delle conoscenze sulle caratteristiche chimico fisiche e sensoriali degli oli da olive. Questo opuscolo divulgativo vuole proprio dare un contributo al miglioramento delle capacità di valutazione sensoriale degli oli da olive da parte dei produttori, affinchè possano realizzare oli di grande qualità e valorizzarli al massimo sul mercato.
Cenni storici
La presenza della pianta di olivo, nel territorio che ha come riferimento le prime colline a ridosso della “costa adriatica romagnola” (attuali province di Rimini e Forlì-Cesena), ha radici molto lontane che sembrano risalire all’età villanoviana.
L’affermarsi della coltura è stato favorito nei secoli dal clima tipico di questo areale di coltivazione e più temperato rispetto ai territori più a nord della Romagna che risentono di un clima più rigido e tipicamente padano. Il comprensorio brisighellese, in provincia di Ravenna, e alcuni limitati territori collinari della provincia di Bologna rappresentano le uniche eccezioni più a nord, per il loro particolare microclima adatto alla coltura.
Le fonti archivistiche dell’alto Medioevo e quelle successive documentano la coltivazione dell’olivo in forma semi-intensiva in tutti questi territori, unitamente alla presenza di numerose strutture di trasformazione.
La documentazione settecentesca, che ha come riferimento la “Pratica Agraria” scritta dall’abate Giovanni Battarra, contiene note specifiche sulla preparazione dei terreni e sulle cure agronomiche destinate alla coltura dell’olivo in Regione. Anche lo Stato Pontificio, durante il 1800 riconobbe l’importanza economica della coltura, incentivandone la coltivazione con interventi finalizzati a favorire la realizzazione di nuovi impianti. Tali interventi dovevano servire a mantenere una presenza significativa della coltura, spesso ridimensionata dalle ricorrenti gelate.
I primi dati attendibili relativi alla superficie interessata alla coltivazione dell’olivo in Regione risalgono al 1934 (M.Farina, Rapido sguardo all’olivicoltura riminese, ne L’agricoltura romagnola, 15 febbraio 1934) e documentano la presenza di circa 5.000 ettari di coltura olivicola, dei quali solo 500 ettari in coltura specializzata.
Gli eventi bellici, le gelate del 1956-1985 e 1996 e la diffusione delle coltivazioni estensive (1970-1980) hanno portato a una progressiva scomparsa della presenza dell’olivo sul territorio regionale. I nuovi impianti reallizzati nell’ultimo ventennio (1988-2008), hanno consentito un significativo recupero delle superfici olivicole scomparse nel recente passato.
La struttura produttiva
L’Emilia Romagna, possiede oggi un patrimonio olivicolo importante, sia sul piano economico che sul piano paesaggistico e ambientale, anche se limitato ad alcune particolari aree del proprio territorio. L’olivicoltura è ampiamente diffusa in tutta la provincia di Rimini e sulle prime colline della provincia di Forlì-Cesena. In provincia di Ravenna è presente esclusivamente nel comprensorio brisighellese. La coltura ricompare poi sporadica anche sulle colline imolesi e bolognesi, sui versanti più riparati e protetti dai venti freddi provenienti da nord.
L’olivo in queste zone trova le condizioni migliori di coltivazione nei territori di media e bassa collina ove mantiene una propria valenza economica e, con la viticoltura, costituisce talvolta l’unica coltura arborea intensiva possibile. La coltura solitamente occupa, in questi territori, le aree marginali che presentano elevate pendenze e sono difficili da coltivare ed è proprio in questi ambiti territoriali che l’olivo diventa anche un importante elemento del paesaggio rurale e svolge un ruolo insostituibile di salvaguardia ambientale.
I dati statistici attuali dicono che la coltura dell’olivo si sviluppa, in regione Emilia Romagna su una superficie complessiva di circa 3.500 ha, di cui il 56% in provincia di Rimini, il 30% in provincia di Forlì-Cesena, il 13% in provincia di Ravenna e l’1% in provincia di Bologna. Le aree geografiche di riferimento e più importanti per la coltivazione dell’olivo in Regione sono: le valli dei fiumi Marecchia, Marano e Conca in provincia di Rimini, le valli del Rubicone, del Savio, del Bidente e del Montone in provincia di Forlì-Cesena e le valli del Senio e del Lamone in provincia di Ravenna. Una recente e significativa ricomparsa della coltura dell’olivo si ha anche in provincia di Bologna, in alcune aree collinari e limitatamente ai versanti più riparati dai venti freddi settentrionali.
Il numero complessivo di piante di olivo presenti in Regione è pari a oltre 1.100.000 unità che occupano una superficie approssimativa di circa 3.500 ettari, considerando una densità media di circa 320 piante\ettaro.
I dati riferiti al numero di piante di olivo presenti in Regione e alle relative superfici, possono essere così ripartiti fra le diverse Province:
n° piante totali superficie totale (ha)
- provincia di Rimini 615.000 1.950
- provincia di Forlì-Cesena 330.000 1.050
- provincia di Ravenna 140.000 450
- provincia di Bologna 15.000 50
La coltura è diffusa sottoforma di vecchi impianti, spesso promiscui e caratterizzati dalla presenza di piante sparse e da recenti nuovi impianti specializzati.
I dati relativi al numero delle piante totali di olivo presenti e alle superfici investite, sono soggetti a continui aggiornamenti, in relazione ai ricorrenti danni da gelo che la coltura subisce. L’oliveto tradizionale e più diffuso è quello realizzato con le varietà “correggiolo, leccino, rossina, selvatico” in provincia di Rimini e Forlì-Cesena e con le varietà “nostrana, ghiacciola e colombina” nel Comprensorio brisighellese. Le piante sono per lo più allevate a “vaso libero” con densità d’impianto che oscilla fra le 200 piante\ha nei vecchi impianti e le 300-330 piante\ha nei nuovi impianti specializzati. Il potenziale produttivo che la coltura dell’olivo attualmente è in grado di esprimere in Regione è di circa 60.000 q.li di olive e 10.000 q.li di olio. La media produttiva negli ultimi anni è però sostanzialmente più bassa a causa delle frequenti fluttuazioni produttive cui la coltura è sottoposta, per le condizioni climatiche proprie di un’area che si trova al limite settentrionale di coltivazione dell’olivo. Le aziende interessate a diverso titolo alla coltivazione dell’olivo in Regione sono attualmente circa 3.500, quasi tutte riunite in un’unica associazione di produttori, l’Organizzazione di Produttori A.R.P.O -Associazione Regionale tra Produttori Olivicoli dell’Emilia-Romagna, costituitasi nel 1978, organizzata in forma unitaria dal 1998 e riconosciuta in ambito regionale quale DOP del settore oleicolo, per la determinazione degli olivicoltori nel voler superare le divisioni politico-sindacali, quando devono essere affrontati e risolti i problemi tecnici ed economici del settore. L’esame accurato delle condizioni colturali e fitosanitarie della coltura dell’olivo in Regione e un confronto con gli Enti Locali presenti sul territorio, hanno permesso di rilevare una costante crescita della presenza dell’olivo sul territorio regionale, favorita anche dalle condizioni climatiche particolarmente miti riscontrate negli ultimi anni. Il cambiamento climatico in atto, se da un lato ha consentito l’estensione della coltivazione dell’olivo in regione, dall’altro ha favorito la presenza e la sempre maggiore diffusione dei parassiti dell’olivo e in particolare della mosca olearia in tutti i principali comprensori olivicoli regionali. Tale condizione richiede il potenziamento delle attività di monitoraggio dei parassiti e l’adozione di specifici interventi di difesa che coinvolgano territori sempre più ampi, anche mediante il ricorso a tecniche innovative di lotta biologica e integrata.
La trasformazione
Le olive prodotte vengono lavorate in 32 frantoi riconosciuti, così distribuiti sul territorio regionale:
- n. 2 in provincia di Ravenna
- n. 9 in provincia di Forlì-Cesena
- n. 20 in provincia di Rimini
- n. 1 in provincia di Bologna
Le strutture suddette sono quasi esclusivamente di tipo privato, ad eccezione di due frantoi cooperativi, la Cooperativa Agricola Brisighellese(RA) e il Frantoio sociale del Consorzio Agrario Adriatico (FC). In provincia di Rimini esiste un frantoio di tipo privato, che viene però utilizzato anche dalla locale Cooperativa Olivicoltori dei Colli Riminesi, in virtù di un recente accordo interprofessionale finalizzato alla trasformazione delle olive, confezionamento e commercializzazione dell’olio. Il quadro complessivo che emerge dall’analisi dei dati strutturali su esposti è quello di una coltura che, sebbene concentrata in una ristretta area di coltivazione, rappresenta una peculiare risorsa ambientale, in grado di fornire un alto pregio paesaggistico e una sostanziale valenza economica. La rilevanza economica è dovuta soprattutto alla elevata qualità dell’olio prodotto, sia in termini chimici che organolettici. Il riconoscimento della DOP (Denominazione d’Origine Protetta) “Colline di Romagna” per l’olio extra vergine d’oliva prodotto nelle province di Rimini e Forlì-Cesena e l’altro prestigioso riconoscimento ottenuto dall’olio prodotto nel comprensorio brisighellese con la denominazione “Brisighella”, rappresentano una importante conferma della qualità e della tipicità dell’olio extra vergine d’oliva, da sempre prodotto in Regione, e il punto di partenza per un’adeguata valorizzazione di tutto l’olio ottenuto sul territorio regionale.
La qualità e la tipicità dell’olio
L’olio extra vergine di oliva prodotto in Regione viene ottenuto quasi tutto all’interno dei territori definiti e delimitati dai disciplinari di produzione che fanno riferimento alle Denominazioni di Origine Protetta “Brisighella” e “Colline di Romagna”.
Il prodotto che si ottiene in queste aree possiede delle caratteristiche chimiche e soprattutto organolettiche che lo differenziano dagli altri tipi di oli prodotti in Italia e in Europa. Tali peculiari caratteristiche derivano dalla combinazione fra diversi fattori di cui i principali sono:
- le tradizionali varietà di olivo presenti sul territorio (correggiolo, nostrana, ghiacciolo, rossina, leccino, ecc..);
- le caratteristiche dei terreni e soprattutto il particolare clima delle aree di coltivazione, con estati relativamente fresche e piovose che rallentano i processi di maturazione delle olive;
- le pratiche agronomiche, da sempre in uso, che prevedono una particolare cura nelle fasi di coltivazione e in particolare durante la raccolta manuale delle olive dalle piante.
Le caratteristiche dei terreni e le varietà di olivo coltivate concorrono a determinare la tipicità dell’olio extra vergine di oliva prodotto in Regione e né condizionano quasi sempre l’aroma e il gusto che ricordano il frutto dell’oliva non completamente matura e appena franta. I fattori antropici riconducibili alle pratiche agronomiche, alla tecnologia di trasformazione e alla conservazione del prodotto fanno ormai parte della tradizione culturale del territorio e ricevono sempre maggiori attenzioni e cure da parte dei diversi componenti la filiera produttiva.
Occorre ricordare che la maggior parte dei territori oggi destinati all’olivo in Regione sono ad alta vocazione olivicola e un aspetto non secondario legato alla presenza dell’olivo sulle colline romagnole è il suo indubbio valore paesaggistico, in un’area che da sempre riconosce nel turismo un elemento di primaria importanza economica.
La coltivazione dell’olivo e la sua visibilità sul territorio possono sicuramente favorire maggiori flussi turistici dalla costa adriatica, alla riscoperta dell’entroterra e delle sue produzioni più tipiche, nell’ottica di una sempre maggiore integrazione economica e diversificazione dell’offerta turistica annuale.
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